Molti in paese si domandano che cosa sarebbe successo ai Salestri se Stefano fosse stato il capofamiglia.
La risposta è sempre la medesima: sarebbe andata a ramengo.
Non perché non abbia giudizio o altre virtù. Lui semplicemente non ha polso.
Ubbidisce sorridendo a ciò che sua moglie Speranza comanda, anche quando le sue richieste sembrano capricci.
“Poveruomo, porta sfortuna e non è molto furbo. Ora capisco da chi ha preso sua figlia!” qualcuno mormora in chiesa la domenica guardandolo mentre prega.
E lui sempre ricambia l’accusa con un sorriso, stringendo i pugni nascosti nelle tasche.
Un membro della famiglia dei Salestri lo si può riconoscere dal suo dito indice pronto a redarguire chi si allontana dalla strada maestra. Anche i suoi occhi si distinguono dagli altri, perché in quello sguardo brilla fervente la fiamma della morale.
Da che si ha memoria i Salestri sono i custodi dell’etica di Monsanto, e infatti da generazioni le badesse del convento portano il loro cognome. Se per alcuni quel ruolo è visto come fonte di potere, per questa famiglia è invece un dovere a cui non può tirarsi indietro. Tutti i Salestri infatti vengono cresciuti ed educati con la consapevolezza di essere le persone giuste per guidare il paese. E per questo le cronache di Monsanto sono piene di racconti sulle controversie tra i Salestri e gli Alfieri. Tuttora una loro lite non sorprende nessuno.
Un altro tratto distintivo di questa famiglia è il drappo rosso che tutti portano legato alla cintola: un tessuto che ostentano con orgoglio. Se quel paramento mostra tanti nodi, significa che chi lo indossa ha compiuto molte buone azioni e la saggezza regna sovrana nella sua mente.
Ma solo il più saggio fra i Salestri, ossia colui o colei che ha il drappo più aggrovigliato, può decidere chi si merita un nuovo nodo.
E così tra di loro si giudicano e chiacchierano di rivalsa, di sdegno e di doveri dalle ragionevoli prospettive.
Chiacchierano e giudicano. Continuamente.