La povera, dolce, sventurata, disgraziata Myrtha. Viene chiamata "La malapianta". La buona a nulla dei Benson. Nata donna in una famiglia dalle idee molto tradizionali e cresciuta come se non contasse nulla, come se da lei non ci si potesse aspettare nulla di buono. Eppure Myrtha sa quanto potrebbe fare per se stessa, per l'ingrata famiglia e per tutta Itaca, se solo ne avesse la possibilità e i mezzi per procedere.
Myrtha si svegliava di buon ora, rassettava la casa, preparava la colazione per sua famiglia. Poi indossava qualche suo vestito rammendato alla buona, un grembiulino sudicio e andava a lavorare nel Saloon. E, sempre nel Saloon, Myrtha lavava, rigovernava, preparava i pasti, puliva il vomito di chi aveva alzato troppo il gomito dal pavimento, lavava le tovaglie fino a renderle immacolate, comprava il pane, serviva ai tavoli, riempiva fusti di birra, guidava le donne dietro il bancone quando partiva qualche rissa, convinceva i suoi ospiti a non sparare sul pianista... il tutto con grande senso del dovere, con incredibile dovizia.
Ma i suoi genitori, Thalis
Thalis - L'AmpelografoFactions: L'Acropoli di Itaca, BensonTeaser: Si dice che, se entri nel Saloon dei Benson al momento giusto, quando il whisky gli ha sciolto la lingua, ma non ancora spento il cervello, puoi sentirlo pronunciare parole capaci di cambiare il desti (...) e Melina
Melina - La CaudaliaFactions: L'Acropoli di Itaca, BensonTeaser: Chissà se Melina ricorda quella vite, che curiosa sbirciava dalla sua finestra? Allungava i suoi pampini, sottili e delicati, quasi come se volesse sfiorare per un momento l’intimità della nostra casa (...), i proprietari del Saloon, non erano mai contenti di lei. Myrtha puliva il pavimento troppo frettolosamente, non rimuoveva tutte le macchie dalla tovaglia, faceva cadere la birra dai boccali. Lei è la figlia "guasta", quella imperfetta. Non come Nektarios
Nektarios - Il Tralcio di ViteFactions: L'Acropoli di Itaca, BensonTeaser: Silenzio. Le senti? Cicale e grilli compongono un'ensamble tra i radi cespugli che circondano la Locanda Benson. Eppure anche loro tacciono quando sentono la sedia trascinata, i boccali poggiati sugli (...), nato uomo, primogenito e benedetto dagli Dei per bellezza e acume. Un giorno, la Malapianta disse "basta" e, da sguattera dei Benson, divenne la serva di Penelope Grant. Forse il Sindaco reggente vide nei suoi occhi un'ambizione come poche? Comunque, oggi Myrtha si sveglia all'alba, rassetta la sua stanza, sistema la camera della signora Grant, prepara la colazione per tutto il Simposio e dopo va a lavorare nell'odiato Saloon di famiglia. Con un piccolo solletico nell'anima: finito il suo turno lavorativo, torna agli alloggi della gentile signora Penny Grant. Un posto che ora chiama "casa" e che non ha nessuna intenzione di perdere per un matrimonio sbagliato della signora Grant con un idiota qualsiasi. E quella casa Myrtha farà di tutto per tenersela stretta.
Motto: "Le vite passano. La vite resiste."
Ah, i Benson. Un tempo, bastava sentire quel nome per aspettarsi un discorso che ti avrebbe incantato o fatto infuriare, ma mai lasciato indifferente. Erano gli uomini e le donne dell’Agorà, quelli che trasformavano una discussione in un’abile spettacolo oppure una battuta in un’arma strategica. Conoscevano l’arte della parola meglio di chiunque altro, sapevano piegare la lingua come un vignaiolo piega i rami della vite per guidarne la crescita, e la gente ascoltava. Oh, se ascoltava bene.
Ma i tempi cambiano, e l’Agorà non è più il centro cittadino che era un tempo. Le piazze si sono svuotate, le idee si sono fatte più pesanti, e i Benson, privati della loro arena, si sono lasciati sprofondare nelle viscere del saloon. Un ripiego, all’inizio. Un diversivo. Ma col tempo, quella che doveva essere solo una parentesi si è trasformata in un vicolo cieco, un tino dimenticato in cui il mosto non fermenta più, dove l’unico odore che resta è quello del vino versato e delle promesse evaporate.
Ora li trovi lì, su sedie sbilenche, con i gomiti appiccicati ai tavoli impregnati d’alcool rancido e le vesti che sanno di vino andato a male. I loro discorsi, un tempo brillanti come il primo sorso di un’annata pregiata, scivolano ora tra i denti come l’ultimo goccio di un bicchiere dimenticato, senza peso, senza direzione, sommersi dal brusio di chi mastica troppo e pensa troppo poco. Il loro pubblico non è più quello delle piazze, ma un’accozzaglia di ubriachi che ridono troppo forte o dormono con la testa affondata nei boccali.
Ora si dice che parlino per riempire il vuoto, come un ramo di vite secco che ancora si ostina a cercare la luce. A volte discutono ancora con fervore, ma è un fervore stanco, più simile a un grappolo d’uva già schiacciato nel fango. E quando le parole non bastano più, quando la frustrazione supera la lucidità, allora ecco che un Benson rovescia il boccale, getta un insulto velenoso e si lancia in una rissa, solo per sentirsi vivo, solo per sentire qualcosa.
Sembra che non parlino più per convincere, per ispirare, che il saloon li abbia ingoiati nel suo fetore di vino stantio e disperazione. Ma attenzione: la vite può sembrare morta d’inverno, rinsecchita e vuota, ma basta la stagione giusta, basta una scintilla di sole, e all’improvviso ti ritrovi un tralcio verde e nuovi acini maturi pronti a essere raccolti. E i Benson? Oh, non sono diversi. Aspettano solo il momento giusto per tornare a dare alla città un sorso di verità che nessuno sarà in grado di sputare.
Non ci credeva nessuno, a questa storia che Penelope sarebbe riuscita a tenere in piedi una cittadina dimenticata dagli Dèi come Itaca per così tanto tempo. Quando il buon Laerte ha tirato le cuoia - e c'ha messo un sacco a morire, sperava così tanto di veder tornare il figlio dalla guerra che a un certo punto ha fottuto le forbici alle Moire, ma sai com'è, prima o poi in una bara ci finiamo tutti e alla fine ci è finito pure lui - dicevo, quando il vecchio ha finalmente deciso di crepare, l'uomo di famiglia, Telemaco, era troppo piccolo. Quindi hanno preso sta poveraccia e le hanno detto: "Senti Penny, finché non torna tuo marito prenderai il suo posto e ti gestirai tu le beghe di Itaca". E lei? Beh, lei ha detto sì senza avere la minima idea di cosa la aspettasse. "Lo farò per Itaca e per mio marito", ripeteva la disgraziata.
Sapessi quante scommesse, al saloon: i più magnanimi le davano al massimo una settimana, poi sarebbe corsa a chiedere aiuto in lacrime, dicevano, o sarebbe impazzita o sarebbe scappata dalla città. Qualcuno la immaginava già ubriaca in mezzo alla polvere della piazza o impiccata in camera sua. E diciamocelo, probabilmente sarebbe davvero finita così se non fosse stato per il suo piccolo gruppetto di sostenitori.
Ma c'hanno visto lungo, quelli del Simposio: hanno puntato sul cavallo ferito, quello ha vinto e ora guardalo lì, il circolo felice della donna al potere, con i suoi incontri e i suoi intrighi. Dicono che vogliono scrivere - o riscrivere, nessuno l'ha capito bene - la storia di Itaca, che la vera ricchezza è il progresso e che la rivoluzione parte dagli ideali. Ma ormai lo sanno tutti, in città, che non sono solo il gruppo di strilloni che sembrano: qualcuno dice che siano loro i veri pezzi grossi, quelli che contano sul serio e prendono le decisioni.
Una volta Penelope si è ammalata e non si è vista in giro per due settimane. Due fottute settimane, capisci? Secondo me si è solo presa una pausa perché non ce la faceva più, ma insomma, sta di fatto che è sparita. Ecco, non passava ora del giorno o della notte senza che qualcuno del Simposio passasse da casa sua. Dicevano di riunirsi in privato con lei, poi tenevano discorsi all'Agorà, davano ordini qua e là, prendevano decisioni, cose così. Non potevi alzare un dito che gli stronzi erano lì a fissarti e minacciarti di fare la spia alla loro Penny. Che poi secondo me facevano tutto loro e a lei non l'hanno nemmeno vista in faccia, quelle due settimane. Pare anche che per chiedere un favore a Penelope convenga ingraziarsi qualcuno del Simposio e poi quello farà il lavoro sporco per te.
Una cosa è certa: se ti sentono parlar male di lei, quelli sono in grado di venire a cercarti a casa, prenderti per i capelli e lasciarti qualche regalino tipo, che so, un occhio nero o qualche dente in meno. Non è che sono così protettivi solo perché sanno che la poveretta, senza di loro, sarebbe stata destinata a soccombere tanto, tanto tempo fa?