“Sei come un tralcio di vite, cuore mio.”
Ilyana
Ilyana - L'Eriofide della ViteFactions: I Propilei, BensonTeaser: "Madre mia, hai sempre voluto che io crescessi come un tralcio di vite, come te, ma mentivi, tu non sei vite, sei edera."Paraske lo pensa ogni volta che la guarda. Una pianta che si avvolge, si attorc (...) lo ha sempre pensato. Una vite cresce forte, si allunga, si aggrappa, ma non sa stare da sola. Ha bisogno di un sostegno, di una guida. E lei ha fatto ciò che era necessario per darglielo.
Paraske non capirà mai. Non capirà cosa significhi guardare i figli negli occhi e vedere la paura. La paura di un futuro che si sgretola, di una casa che non basta più, di un nome che non protegge.
Non capirà mai cosa significhi essere una madre e sapere che l’amore, da solo, non nutre.
“Sei come un tralcio di vite, cuore mio.”
Quando suo padre è morto, cosa sarebbe rimasto per Paraske? Il glorioso nome Benson? Una locanda in mano a uomini incapaci di tutto se non di bere e ubriacarsi? Nessuna sicurezza, nessuna certezza, solo promesse sussurrate da una famiglia che non aveva più nulla da offrire.
E allora Ilyana
Ilyana - L'Eriofide della ViteFactions: I Propilei, BensonTeaser: "Madre mia, hai sempre voluto che io crescessi come un tralcio di vite, come te, ma mentivi, tu non sei vite, sei edera."Paraske lo pensa ogni volta che la guarda. Una pianta che si avvolge, si attorc (...) ha fatto quello che doveva. Si è risposata. Ha scelto un uomo forte, un nome potente, una casa che non avrebbe tremato al primo soffio di vento. Ha scelto per il suo bene.
“Sei come un tralcio di vite, cuore mio.”
E Paraske cosa ha fatto? Ha scelto la fuga. Ha voltato le spalle alla sua stessa madre, al sacrificio che lei ha compiuto, all’unico futuro che poteva garantirgli. Scelse un rifugio nei boschi, come se il freddo e la fame fossero più nobili dell’intelligenza.
Ha preferito la rabbia alla ragione. Ha preferito odiare lei, piuttosto che capire.
Lo capirà, un giorno. Quando le spalle inizieranno a curvarsi sotto il peso del mondo, quando capirà che la vita non è solo ideali e fedeltà a un cognome, ma sopravvivenza, scelta, compromesso.
Forse allora vedrà che non sono poi così diverse, vite ed edera. Entrambe si attorcigliano.
Entrambe infestano.
Entrambe sopravvivono.
“Sei come un tralcio di vite, cuore mio.”
Quando impugni la pistola
fallo con il cuore e non con il braccio:
lo sguardo di tua madre sarà su di te.
Quando spari
fallo col coraggio e non con la mano:
lo sguardo di tuo padre sarà su di te.
Quando uccidi
fallo con onore e non con il piombo:
lo sguardo degli Dei sarà su di te.
- Il Salmo dell'Eroe
C'era un tempo in cui l'onore contava più della vittoria.
Itaca era un posto migliore prima dell'usurpazione dei Grant, una città piccola, ma forte e salda. Quando la Vecchia Guardia guidava questa comunità, si poteva respirare un vivere più puro.
Sai come come li chiamano quelli della Vecchia Guardia? Propilei. Come i custodi del cancello del tempio. Sai cosa ti dico? Mai nome fu più azzeccato.
Anche se scalzati dai loro seggi, seppur ridotti in povertà, loro sono ancora oggi i custodi della tradizione, quella tradizione che ha permesso alle Poleis del passato di diventare grandi.
Dicono che quando erano loro al governo, questo paese cadeva in rovina e si viveva nella povertà. Non credere a tutto quello che ti dicono: Itaca non è mai stata ricca quanto Atene o Tebe. Eppure abbiamo sempre avuto i frutti della nostra terra, pochi ma nostri.
Cos'hanno portato i Grant con la loro Acropoli? Hanno riempito la città di quei farbutti degli O'Donnel-Ripley, una scalcinata banda di mercenari stranieri, i figli di quella schiera che partì con Ulisse per la Guerra di Secessione. Per onorevole ospitalità, dicono, ma questa roba puzza solo di opportunismo bello e buono. E per cosa poi? Per vincere una guerra lontana, una guerra che ha portato via i nostri padri per non vederli più tornare?
I Propilei hanno sempre seguito la via dei nostri padri e dei loro padri prima di loro, la fede negli Dei e il nostro orgoglio ellenico. Cosa c'è di sbagliato in questo?
I Grant hanno usurpato il comando di Itaca con le subdole parole di Laerte prima e di suo figlio Ulisse poi. Ma ti dico: è di gran lunga preferibile colui che si scontra cento volte con Laerte nell'Agorà e perde dignitosamente piuttosto che il vigliacco che fugge davanti a una disfatta.
C'era un tempo in cui l'onore contava più della vittoria.
Ricorda il Salmo.
Quel tempo è ancora.
Motto: "Le vite passano. La vite resiste."
Ah, i Benson. Un tempo, bastava sentire quel nome per aspettarsi un discorso che ti avrebbe incantato o fatto infuriare, ma mai lasciato indifferente. Erano gli uomini e le donne dell’Agorà, quelli che trasformavano una discussione in un’abile spettacolo oppure una battuta in un’arma strategica. Conoscevano l’arte della parola meglio di chiunque altro, sapevano piegare la lingua come un vignaiolo piega i rami della vite per guidarne la crescita, e la gente ascoltava. Oh, se ascoltava bene.
Ma i tempi cambiano, e l’Agorà non è più il centro cittadino che era un tempo. Le piazze si sono svuotate, le idee si sono fatte più pesanti, e i Benson, privati della loro arena, si sono lasciati sprofondare nelle viscere del saloon. Un ripiego, all’inizio. Un diversivo. Ma col tempo, quella che doveva essere solo una parentesi si è trasformata in un vicolo cieco, un tino dimenticato in cui il mosto non fermenta più, dove l’unico odore che resta è quello del vino versato e delle promesse evaporate.
Ora li trovi lì, su sedie sbilenche, con i gomiti appiccicati ai tavoli impregnati d’alcool rancido e le vesti che sanno di vino andato a male. I loro discorsi, un tempo brillanti come il primo sorso di un’annata pregiata, scivolano ora tra i denti come l’ultimo goccio di un bicchiere dimenticato, senza peso, senza direzione, sommersi dal brusio di chi mastica troppo e pensa troppo poco. Il loro pubblico non è più quello delle piazze, ma un’accozzaglia di ubriachi che ridono troppo forte o dormono con la testa affondata nei boccali.
Ora si dice che parlino per riempire il vuoto, come un ramo di vite secco che ancora si ostina a cercare la luce. A volte discutono ancora con fervore, ma è un fervore stanco, più simile a un grappolo d’uva già schiacciato nel fango. E quando le parole non bastano più, quando la frustrazione supera la lucidità, allora ecco che un Benson rovescia il boccale, getta un insulto velenoso e si lancia in una rissa, solo per sentirsi vivo, solo per sentire qualcosa.
Sembra che non parlino più per convincere, per ispirare, che il saloon li abbia ingoiati nel suo fetore di vino stantio e disperazione. Ma attenzione: la vite può sembrare morta d’inverno, rinsecchita e vuota, ma basta la stagione giusta, basta una scintilla di sole, e all’improvviso ti ritrovi un tralcio verde e nuovi acini maturi pronti a essere raccolti. E i Benson? Oh, non sono diversi. Aspettano solo il momento giusto per tornare a dare alla città un sorso di verità che nessuno sarà in grado di sputare.