Cantami, Musa, di Demetra feconda,
signora dei campi, madre del grano,
colei che nutre la terra dormiente,
colei che dona la vita ai mortali.
Figlia di Crono e sposa dei giorni,
ove cammina, fiorisce la spiga,
ove si ferma, maturano i frutti,
ove sorride, il sole risplende.
A lei le genti innalzano canti,
ché senza Demetra nessuno si sazia,
ché senza il suo dono la terra è deserta,
ché senza il suo amore la vita si spegne.
Ma nel buio dei giorni perduti,
quando Persefone scese nell’ombra,
Demetra pianse, vagò tra le genti,
e con lei piansero i campi riarsi.
Furono giorni di fame e silenzio,
giorni di terra secca e sterile,
giorni in cui il mondo conobbe il lutto,
e l’inverno avvolse l’anima umana.
Ma infine la figlia tornò alla madre,
e con lei tornò la speranza dei vivi,
ché nessun gelo è eterno nel tempo,
ché nessun addio è senza ritorno.
Demetra generosa, madre immortale,
tu che doni e tu che riprendi,
tu che sei terra, tu che sei fame,
accogli il nostro canto, e donaci il tuo grano!
Il vento solleva spire di polvere rossa e calda mentre il sole tramonta su Itaca, un villaggio abbandonato ai confini del nulla, intriso di promesse sbiadite e ombre più antiche dei cactus che lo circondano. Qui, nascosti dietro maschere di vecchi cappelli, occhi scuri e camicie sgualcite, si nascondono i Dodici.
Non sono abitanti qualsiasi: i loro passi sfiorano il suolo e risuonano come un qualsiasi passo umano; il tempo li sfiora, ma non li ferisce. Adesso sono cowboy, baristi, ladri, ubriaconi o signori locali. La loro immortalità è avvolta nel silenzio e nell’alcool. C'è chi si aggira, indisturbato, con il cappello nero e una pistola sempre carica; c'è chi suona malinconico la sua chitarra sotto la luce di una luna eternamente levata. C'è chi, con gli occhi più acuti di un’aquila, osserva i bizzarri comportamenti degli Umani dal Saloon; chi si aggira per gli aridi campi come un predatore in attesa della pioggia. I Dodici sono qui, mischiati tra le genti di Itaca, accanto ai mortali che tentano di negare la loro esistenza mentre il deserto canta una ballata di polvere e magia antica. Marinai di un mare di sogni divini.
Afrodite, Apollo, Artemide, Ares, Demetra, Ermes, Efesto, Morfeo, Atena, Dioniso e i due gemelli Eros ed Eris: sono più che uomini, eppure nessuno li conosce davvero. Dodici Dèi nascosti sotto polvere e cappelli, con fattezze umane e nomi umani, con gli sguardi persi in un tempo che il deserto stesso ha dimenticato. Ogni giorno, Itaca li accoglie in una ballata di passioni e poteri.
Itaca è il loro nascondiglio, la selvaggia Ellade il loro palcoscenico e i mortali – quelli che osano avvicinarsi – per loro non sono altro che spettatori di una tragedia senza fine. Poiché se l'Uomo dovesse mai smettere di temerli, i Dodici cesserebbero di esistere. Se l'Uomo, forte di questa nemesi chiamata Progresso, dovesse smettere di pregarli, i Dodici verrebbero dimenticati.
E ciò non può accadere. Poiché chiunque, anche gli Dèi stessi, morirebbero per davvero se venissero dimenticati.
Ma nulla è davvero morto a Itaca.
E il selvaggio West dell'Ellade non ha mai saputo nascondere i propri fantasmi.
[Nota degli Autori: i giocatori che desiderano interpretare uno dei Dodici possono selezionarli nel form delle preferenze. Se otterranno il ruolo, riceveranno il teaser pubblico di un personaggio comune e le specifiche del loro ruolo nella loro Area Privata]