Calipso
Calipso scioglieva quei nodi, pettinando i capelli della sua Signora, Penelope. Ogni nodo era una promessa che faceva a se stessa, un impegno che non avrebbe dimenticato. Uno strattone di troppo, un lieve lamento da parte di Penelope, ma Calipso sorrideva in silenzio. I capelli di quella donna erano lo specchio della sua miserabile esistenza: arruffati, spenti, fragili. Nulla a che vedere con la propria chioma, forte e indomabile come le radici delle salde mangrovie. La sua era la criniera di una regina, maestosa e incontrastabile.
Penelope nemmeno se ne accorgeva, quando Calipso le strappava di proposito qualche capello. Troppo persa nei suoi pensieri, troppo distratta da questioni che per lei sembravano contare più del proprio aspetto. Indegna, ignobile, non prestava attenzione alla propria figura. D’altronde, per aver donato un gioiello come Calipso a quel plebeo di EirenaiosEirenaios - La Sudata GhineaFactions: L'Acropoli di Itaca, Williams, doveva averci riflettuto ben poco. E questo non faceva che confermare quanto poco acume le avessero concesso gli Dei.
Calipso avrebbe potuto contare sulla punta delle dita molte altre persone – lei per prima – che avrebbero occupato quel seggio sindacale con più bellezza, con più valore. Per questo offriva sempre a Penelope ciò che le serviva per continuare a scrivere le memorie del compianto Laerte. Poiché il posto di Penelope era fra le pagine ammuffite, e il suo destino era quello di marcire sola. Per questo le sorrideva con affabilità, perché sapeva che agli stolti un sorriso non si nega mai.
E per questo, ogni giorno, spolverava con particolare cura la foto dell’amato Ulisse, e supportava Penelope nella speranza del suo imminente ritorno. Perché Calipso sapeva che i fili del Destino erano ingarbugliati, ma il suo era saldo tra le proprie mani, più brillante di tutti gli altri.