Cos’è una donna, se non la lunga ombra proiettata dalla luce del proprio marito? Cosa, se non il porto sicuro in cui i figli fanno ritorno? Per quanto essi possano essere schivi e chiusi in sé stessi, lontani da casa o dalla via del Signore, Liuba sa che i suoi insegnamenti li porteranno sulla retta via. Dabbene come fu sua madre in vita, severa come la mano ferma di suo marito, nell’incertezza di questi tempi lei è un faro di orgoglio e integrità. La sua fede è salda come la sua morale: guai a chi insozza il suo sguardo integerrimo con i facili costumi di una vita ormai allo sbando.
Il più corposo gruppo di civili è quello degli SFOLLATI. Si tratta degli abitanti adulti del vicino villaggio di Dijevici, per lo più di religione ortodossa, che si sono allontanati dal loro villaggio per sfuggire agli scontri della guerra civile, riparando nelle vecchie colonie estive di montagna dove erano soliti portare i loro bambini. Gli sfollati non sono mai stati coinvolti direttamente nella guerra, e sono un gruppo pacifico e organizzato che non ha interesse a spostarsi dal proprio rifugio fino alla fine dei disordini.
I PROFUGHI invece vengono dalla principale grande città del fondovalle, città che è stata sconvolta da eventi tragici. Molti di loro sono state vittime di soprusi e abusi, hanno perduto tutto, a volte persino la loro umanità, e fuggiti per boschi e rupi, nascondendosi nelle fratte, hanno finalmente raggiunto le montagne. Fra loro ci sono molte donne e pochi uomini, perché i loro mariti e i loro figli sono rimasti indietro o sono morti. Per lo più sono di religione musulmana o cattolica, con una terribile storia personale da raccontare, in quanto testimoni dei peggiori orrori possibili della guerra civile.